Psichiatra aggredita in pronto soccorso: femore rotto

Frattura scomposta del femore e prognosi di 90 giorni per una dottoressa dell’ospedale S.Salvatore dell’Aquila che ieri è stata aggredita in pronto soccorso da un paziente risultato positivo a cocaina e cannabis.

“La mia collega ha riportato una grave frattura scomposta di femore, per la quale sarà sottoposta a intervento chirurgico, con prognosi di 90 giorni – scrive in una nota Maurizio Malavolta, dirigente medico psichiatra dell’ospedale aquilano – Tale comportamento aggressivo e violento era verosimilmente da ricondurre all’abuso di sostanze psicoattive, come la cocaina, e non a un disturbo mentale in fase acuta”.

L’uomo, racconta Malavolta, è stato ricoverato ‘d’ufficio’ nel reparto di Psichiatria, dove ha continuato a inveire e minacciare pesantemente gli operatori sanitari.

Psichiatra aggredita, Sip: ‘mancato arresto soggetto violento’

“Ancora una volta si demanda alla psichiatria la gestione della violenza e della sicurezza, e un compito di custodia che non è in grado di svolgere in quanto disciplina medica: l’uomo, sotto l’effetto di cocaina e marijuana, presentava un comportamento aggressivo e violento, in assenza di altri sintomi psicopatologici, ma anziché essere tratto immediatamente in arresto è stato condotto presso il Pronto Soccorso e ricoverato in psichiatria”.

A denunciare una errata valutazione delle circostanze da parte delle forze dell’ordine in merito all’aggressione subita dalla professoressa Francesca Pacitti – che ha riportato la frattura del femore sabato scorso all’ospedale de L’Aquila – è la Società Italiana di Psichiatria (Sip) per voce della presidente Emi Bondi.

“Questo episodio appare particolarmente grave per le dinamiche in cui si è svolto, a nemmeno un anno di distanza dalla morte di Barbara Capovani – denuncia la Sip -.Siamo nuovamente di fronte a ciò che come Sip denunciamo da tempo: con la Legge 81, e con l’incremento di condotte deviate legate al massiccio uso di stupefacenti e al disagio sociale crescente, si sta assistendo a una progressiva delega alla sanità in generale, e alla psichiatria in particolare, del ruolo di custodia e cura di persone violente. Che può essere pertinente per i pazienti psichiatrici che commettono reati in conseguenza delle alterazioni psichiche provocate dalla malattia, ma non lo è in tutte quelle situazioni di aggressività e violenza come espressione di devianza. Vogliamo farci portavoce presso le Istituzioni della richiesta di maggiore tutela sui luoghi di lavoro e di azioni concrete, anche mirate a una distinzione delle mansioni tra ordine pubblico e cura”.

“Oltre il danno anche la beffa – spiega il presidente della Sip sezione Abruzzo-Molise (Sipsam) Vittorio Di Michele – a conferma che troppo spesso ci si dimentica che i servizi psichiatrici sono luoghi di cura e non ambienti di custodia e di controllo sociale, dunque inadeguati a questo scopo. I Dipartimenti di Salute Mentale non possono essere la ‘discarica’ dei violenti, dei tossicodipendenti, di coloro che cercano benefici secondari derivanti da diagnosi fittizie”.

(Ansa)

Redazione

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